La Vicepresidente commissione Esteri, già componente commissione Antimafia

Roma, 26 mar. – “È indegno che assurga a paladino dell’antimafia una persona arrestata nel 2016 proprio dalla Direzione Distrettuale Antimafia con l’accusa di associazione a delinquere, peculato e riciclaggio. Eppure è ciò che fa oggi in un articolo sulle pagine de ‘Il Riformista’ l’ex parlamentare Pdl Amedeo Laboccetta. Nel suo testo, Laboccetta accusa di fatto il centrosinistra di aver ostacolato il raggiungimento della verità sulla stagione delle stragi di mafia, anche all’interno della commissione parlamentare Antimafia della legislatura 2008-2013. E arriva a citarmi insinuando che avrei chiesto le sue dimissioni per accanimento contro di lui”. Lo dichiara la senatrice Laura Garavini, Vicepresidente commissione Esteri, già componente commissione Antimafia.

“Peccato che gli atti confermino come il Pd, che all’epoca rappresentavo come capogruppo in commissione Antimafia, sia stato l’unico partito a rivolgere domande durante le varie audizioni sulla stagione stragista. Con un lavoro serio e trasparente, da me personalmente coordinato. Basta rileggere le audizioni di quegli anni per averne la conferma. Ma evidentemente Laboccetta scrive sperando che nessuno vada a controllare ciò che afferma. È falsa anche la ricostruzione della mia richiesta di dimissioni nei suoi confronti, dopo la divulgazione da parte sua della lettera inviata dal giudice Gabriele Chelazzi a Csm e Ministero. La lettera in questione era stata già diramata presso le procure, mentre era stata segretata rispetto alla diffusione esterna. Pubblicandola mentre erano ancora in corso i primi accertamenti dei magistrati a cui era stata correttamente trasmessa, quindi, Laboccetta ha commesso un reato. Per il quale ho chiesto le sue dimissioni dall’Antimafia”.

“Dispiace che si dia spazio alle accuse infondate di Laboccetta. Che è stato rinviato a giudizio per riciclaggio e arrestato per associazione a delinquere e peculato insieme all’imprenditore delle slot Francesco Corallo, con il quale vanta un legame di anni. E che  ha sfruttato il suo ruolo di parlamentare e componente della commissione Antimafia per mettere in salvo i suoi affari e quelli del suo amico Corallo. Nel novembre 2011, infatti, Laboccetta si era opposto al sequestro di un pc trovato durante una perquisizione della Guardia di Finanza negli uffici dell’imprenditore. La Giunta per le autorizzazioni della Camera aveva respinto l’insindacabilità, avallando la richiesta della Procura. Laboccetta aveva infine consegnato alla Procura di Milano il computer, dal quale però erano stati cancellati alcuni contenuti”.

“Dare visibilità ad un personaggio del genere mentre parla di Falcone e Borsellino e dei valori della legalità è un’offesa a chi realmente combatte le mafie. Ai giudici e alle forze dell’ordine. Ma soprattutto alle vittime e alle loro famiglie”.